Secondo i parametri delle organizzazioni internazionali la povertà estrema è la causa che porta ad un livello di indigenza tale che arriva a far morire la gente di fame. Rientrano tra queste persone quelle che non possono soddisfare le proprie necessità fondamentali, quali la disponibilità di cibo necessaria per una buona alimentazione, un alloggio adeguato, l’accesso a servizi sanitari e ad informazioni utili per la loro salute.
Attualmete ci troviamo in Bolivia, a Santa Cruz De la Sierra, e sfortunatamente casi di povertà estrema non sono così remoti da queste parti. Non solo in questa città, ma in tutta la Bolivia, esistono casi di persone che muoiono ancora oggi di fame. A pagare con la vita sono sopratutto i più giovani, che sono toccati dalla malnutrizione e dalle malattie causate da una dieta povera o sbagliata.
Essere stati vicini all’attività di un importante centro quale la Fondazione Casa Del Almendro a Santa Cruz ci ha permesso di parlare con persone che da anni lavorano nell’ambito del sociale e così abbiamo capito molte delle ragioni che portano a condizioni così estreme.
In questo paese non sono rare situazioni in cui giovani donne rimangono sole, con diversi figli provenienti da diverse relazioni. Mamme con 7 o 8 figli non sono così infrequenti e succede spesso che queste povere donne si ritrovino a vivere in una stanza di pochi metri quadrati, con magari appena due letti in cui si ritrovano ammassati i membri di una famiglia colpita dalla povertà estrema. A volte capita che rimangano con un compagno che spesso le malmena, ma queste pur di non perdere i pochi spiccioli che l’uomo porta a casa rimangono in condizioni di precarietà e sottomissione.
Nonostante alcune stime mostrino che nell’ultimo decennio oltre 2 milioni di boliviani siano usciti dalla povertà estrema il problema della malnutrizione rimane ancora attuale. Situazioni in cui le persone rimangono per un lungo periodo disoccupate, oppure dove riescono a malapena a lavorare due o tre volte a settimana non sono improbabili. Tra questi i più fortunati riescono magari a portare a casa 150 euro al mese che a malapena saranno sufficienti a pagare qualche bolletta e magari a comprare un po’ di cibo. Come se non bastasse le situazioni più disagiate sono anche quelle più colpite dalla malavita, succede infatti che queste famiglie disperate a volte vengano anche derubate di quel poco che hanno nella stanza in cui vivono.
Grazie a Tamara, amica incontrata alla Casa Dell’Almendro andiamo a visitare il centro di Recupero Nutrizionale di Santa Cruz, unico in Bolivia capace di fornire cibo ai suoi assisititi a titolo gratuito. Questo centro ha come obiettivo quello di dare assistenza ai bambini denutriti, e per farlo ha attuato un programma molto interessante che oltre all’aspetto medico prevede anche una serie di attività per le madri dei bambini denutriti.
La prima interessante scoperta è che questo centro, fondato poco più di venti anni fa è nato grazie allo sforzo di un gruppo di volontari Italiani in collaborazione con la chiesa cattolica. Tra questi vi era la nostra amica Teresa Cremonesi, energica donna venuta in Bolivia con lo scopo di prestare volontariato per qualche mese, ma che alla fine ha dedicato più di venti anni ad attività sociali qui a Santa Cruz.
Al Centro di Recupero Nutrizionale in buona sostanza si salvano vite, perché una volta recuperata la situazione critica si inizia a dare ai bambini una dieta equilibrata e si insegna alle loro madri a preparare il cibo. Si preparano pietanze combinando cibi nutrienti e di non poco conto si insegna alle madri come e quando devono nutrire i loro figli.
Tamara ci accompagna per le stanze del centro e ci spiega che tutti i miglioramenti nella dieta delle famiglie che arrivano con un bambino malnutrito è basata sulla loro realtà economica. Uno dei lavori più importanti che viene svolto qui è insegnare alle madri che possono nutrire i loro figli in modo sano e nutriente spendendo la stessa quantità di denaro che avrebbero speso prima.
Entriamo in un ufficio, dove ci sono le immagini dei primi bambini malnutriti entrati nel centro e al loro fianco vi sono le fotografie degli stessi dopo il recupero. Tamara ci dice “Guardate, questo bambino pesava sei chili e tre mesi più tardi è arrivato a pesarne 12. E’ stato un grande recupero”. Tuttavia ci dice che nei primi anni di attività del centro le condizioni delle famiglie erano molto peggiori di quelle attuali e che non erano rari i casi in cui i bambini sono anche morti.
Tamara ci spiega che il centro è nato nei primi anni ‘90 e che quando ha iniziato la sua attività la mortalità a causa di malnutrizione nei bambini sotto i cinque anni era del 40 per 1.000. Oltre venti anni più tardi questa cifra è scesa a 12 per 1.000, ma i bambini malnutriti continuano ad esistere. Guardiamo dei dati su un tabellone dove Tamara mostra i numeri degli ingressi e capiamo che mediamente qui arrivano 40 bambini al mese.
Capiamo che il trattamento ai bambini non è sempre lo stesso, ve ne sono alcuni – i più gravi – che vengono internati, mentre gli altri vengono al centro solo per mangiare. Naturalemente esiste un monitoraggio dei progressi e del mantenimento dei risultati anche quando i bambini vengono dimessi.Nonostante i dati pubblici riguardanti la malnutrizione pubblicati dalla FAO indichino la povertà estrema come principale causa, Tamara ci spiega che perlomeno qui in Bolivia esistono condizioni differenti.
L’educazione e alcune cattive abitudini sembrano essere tra le attuali maggiori cause di problemi. Come dice Tamara, è come se ci fossero alcuni genitori che preferiscano bere che dar da mangiare ai loro figli. Oltretutto ultimamente molte famiglie hanno eliminato cibo sano, come frutta e verdura. Non ci sono insegnamenti nutrizionali e ciò che portano a casa da mangiare sono fondamentalmente acquisti sbagliati. Tamara ci dice che qui si mangiano prodotti che non nutrono e perlopiù dovrebbero far parte dell’elenco dei prodotti spazzatura. Per questo il centro ha anche l’obiettivo importantissimo di divulgare le informazioni e insegnare a quante più famiglie possibile.
E’ stato davvero un piacere trascorrere del tempo in questo centro e conoscere da vicino il lavoro delle oltre trenta persone che operano in questo luogo. Ancora una volta dobbiamo dire di essere fieri del lavoro e del supporto dei nostri concittadini Italiani qui in Bolivia, ma ancora di più ci ha emozionato vedere la passione e la dedizione che Medici, infermieri, fisioterapisti, nutrizionisti e tutto lo staff mettono nel loro lavoro in ogni momento. Grazie per il lavoro che fate.
ciao Lucia ciao Simone , ciao belli, fantastica e reale la vostra presentazione del Che e di Vallegrande la ultima terra che lo ha visto in vita e protetto sllenziosamente per tanti anni, dove il tempo ha maturato il valore reale dei fatti. Buona continuazione al vostro magico giro America del Sud.